I miei Disegni

Cerca nel blog

sabato 10 settembre 2016

Quando il tuo lavoro è il "rompicoglioni telefonico"...


Quest'anno compirò 30 anni. Non ho ancora figli (ma a questo posso pensarci il 22/09 in occasione del #FertilityDay). E lavoro in un call center. 
E, con sole tre semplici frasi, vengo automaticamente inserita in una lista di persone etichettate come "sbagliate", “incomplete”, che “non hanno capito nulla della vita”. 
Pieno il mondo di "professori tuttologi" che sanno cosa voglia dire “vivere nel modo giusto”, perché SOLO LORO hanno la vita perfetta, il lavoro perfetto, la famiglia perfetta. Tutti medici, ingegneri, dirigenti di grandi società, con la bella casa, la loro brava moglie/marito (che magari tradiscono ripetutamente) e i loro amati figlioli sempre primi della classe.  
Poi ci sono tutti gli ALTRI, quelli che (poveracci) sono costretti a fare 2-3 lavori per sbarcare il lunario o per mandare avanti una famiglia (sempre se sono riusciti a crearsene una) e, magari, lavorano persino in un call center
Si, perché lavorare in un call center nel 2016 è e continua ad essere un grande disonore (nonostante il lavoro nei call center esista fin dagli anni '70). Etichettati da chiunque come i “rompicoglioni telefonici” senza nemmeno sapere quale sia la reale mansione svolta, o se effettuano (outbound) o ricevono (inbound) telefonate. 
Se lavori in un call center sei un rompicoglioni e uno sfigato. Punto. Fattene una ragione. 
Dovresti solo sbrigarti a trovare “altro” o “di meglio” e smettere di fare una “lavoro da studenti”, da “riempitempo”, “non adatto alle tue potenzialità”. 
Io lavoro in un call center da quasi 10 anni e, da 10 lunghi anni, continuo a sentirmi dire le stesse identiche cose, da familiari, amici, conoscenti, persino dalla vecchietta che incontro in panetteria. Da chiunque. 
E poi succede che un bel giorno la mia azienda tira fuori il discorso Cassa Integrazione (o FIS nel caso specifico) e allora apriti cielo. “Te l'avevamo detto che era un lavoro di merda e non sarebbe durato”, “Ancora non hai trovato di meglio?”, “Ve lo meritate voi dei call center che la vostra azienda chiuda”... Dei tanti, l'ultimo commento è quello che mi ha spiazzata più di tutti. Ce lo meritiamo? Ci meritiamo, io e i miei colleghi, di (eventualmente) rimanere senza lavoro SOLO perché lavoriamo in un call center?? 
Perché a questo mondo non siamo tutti uguali, ci sono persone di serie A e di serie B, e chi lavora in un call center forse è anche di serie C. Persino chi fa lavori molto peggiori del nostro, riceve più rispetto (come dovrebbe essere per qualsiasi tipo di lavoro, qualunque esso sia!) di un impiegato call center. Perché nel loro lavoro c'è la dignità di guadagnarsi lo stipendio, cosa che evidentemente per un impiegato call center non può esistere nemmeno per sbaglio. Noi siamo i “rompicoglioni telefonici” e non meritiamo né rispetto, né dignità; anzi, meritiamo che tutte le aziende che offrono questo tipo di lavoro chiudano e ci lascino a casa. E ce lo meritiamo perché non abbiamo avuto il coraggio di rifiutare (con sdegno) questo lavoro quando ci è stato offerto. 
Ogni tanto ci penso e sorrido. Penso a quante cose avrei potuto fare (o NON fare) in questi 10 anni se non avessi lavorato nel mio call center. NON avrei mai potuto crearmi la mia indipendenza, NON avrei potuto aggiustarmi l'auto quando ne ho avuto bisogno (forse nemmeno ce l'avrei un'auto), NON avrei potuto farmi i viaggi che sono riuscita a fare, NON riuscirei tutt'ora a pagarmi le bollette. E allora forse io ringrazio di aver trovato questo lavoro, lavoro che mi ha permesso di fare tante cose, lavoro grazie a cui, per fortuna, non mi trovo in mezzo a una strada. 
Ma, nonostante io sia ben consapevole di quanto siano stati importanti questi anni di lavoro per me, è come se il mondo si aspettasse ancora che io mi senta inadeguata per ciò che faccio. Mi è stato apertamente chiesto “perché spreco il mio tempo lì dentro” e non cerco altro. Come se, al giorno d'oggi, tutto questo ALTRO fosse solo lì ad aspettare me (o noi, visto che non sono sola in questa situazione). Penso sia ovvio per tutti che lasciare un posto fisso, con contratto a tempo indeterminato (per quanto possa valere oggi), per il nulla o per un lavoro momentaneo o stagionale senza alcun tipo di garanzia o certezza, sia un azzardo troppo grande. E quindi? Quindi continuo a lavorare nel mio call center, finché ne avrò la possibilità e finché ci sarà lavoro, circondata dalla vergogna e dal disprezzo altrui. 
Che poi, non dico che sia il "lavoro dei sogni", perché non lo è, come non lo è quasi ogni lavoro. Lavorare è fatica ed è davvero raro trovare un lavoro che ti appaghi completamente senza fare un minimo di sacrifici e rinunce. Però è una tipologia di lavoro che mi ha dato tanto. In questi anni ho imparato a rapportarmi con una realtà che non conoscevo (e che tutti dovrebbero conoscere prima di sparare stronzate o frasi fatte), ho imparato a risolvere innumerevoli problemi e a spiegare argomenti non semplici a persone totalmente estranee all'argomento trattato, anziani, o gente troppo incazzata anche solo per ascoltare. E non è MAI stato semplice. 
Ho fatto talmente tante attività (Servizio Clienti Vodafone, Assistenza Negozi Vodafone, Reclami Vodafone, HelpDesk Intesa SanPaolo, BackOffice Volkswagen, BackOffice Cariparma, ING Direct, Seat Pagine Gialle, Servizio Clienti Edison, Servizio Clienti Eni, Recupero Credito Eni) e imparato talmente tante procedure da potermi considerare un'operatrice multiskills e non una semplice impiegata call center. Perché tutti pensano che nel nostro lavoro basti avere un telefono e una bocca per parlare e che non serva altro. La gente non pensa (o non sa) che per fare un lavoro come il nostro bisogna anche avere un cervello per imparare e memorizzare procedure tutt'altro che semplici, bisogna saper usare un computer (o anche 2 in contemporanea a volte) ed essere veloci e, soprattutto, bisogna sapersi rapportare con i clienti. Perché, se dovessi scegliere una cosa che non mi piace del mio lavoro, sarebbero proprio i CLIENTI. 
 In quasi tutte le mansioni svolte, raramente ho chiamato IO i clienti, quindi sono sempre stati loro ad “aver bisogno di me” e, in tante (troppe) occasioni, sono stata trattata come una schiava, un punchingball per sfogare le loro frustrazioni, una “non-persona”, messa lì per fare assistenza non solo al prodotto in questione, ma anche assistenza tecnica-pratica-morale-spirituale o addirittura psicologica nei casi peggiori. Mi sono presa insulti, minacce, ingratitudine, odio gratuito, “solo perché lavoro in un call center” e quindi me lo merito, come mi merito che la mia azienda proponga la cassa/FIS perché c'è un momentaneo calo di lavoro. 
Beh, alle volte penso davvero che dovrei trovare un altro lavoro e dare ragione ai vari Sig. SoTuttoIo. Ma non perché lavorare in un call center sia così brutto. Anzi, come detto, non è un lavoro così pessimo e, se gestito bene, permette anche di organizzarsi la vita privata e avere più flessibilità (ferie/permessi ecc) rispetto ad altri lavori. No, alle volte penso che dovrei lasciarlo solo per colpa di tutti quelli che continuano e continueranno sempre a trattarci come feccia, a considerarsi superiori a “noi sfigati del call center”, dei vari “lei non sa chi sono io” d'Italia, o di quelli “lo so che la sua vita è una merda e lei è sottopagata” e di tutti gli altri che continuano a non sapere nulla sul mio lavoro ma hanno ugualmente il coraggio di sentenziare. 
Ma poi rimango. Rimango per “Lei è stata l'operatrice più gentile con cui ho parlato, come faccio a riparlare sempre e solo con lei?” o per i “Grazie, non so come avrei potuto risolvere senza di lei” o ancora “Lei è stata davvero professionale” o anche “Le auguro il meglio dalla vita, perché si sente che se lo merita”. 
Perché, in mezzo al gran mucchio di stronzi, a volte c'è anche qualcuno che è ancora educato e gentile, che capisce che stai solo facendo il tuo lavoro, che non è colpa tua se la società per cui lavori in quel momento fa degli errori o è troppo cara, che tu stai facendo tutto ciò che ti è possibile per risolvere i suoi problemi e che il tuo lavoro è dignitoso quanto qualsiasi altro. 
Ecco perché non me ne vado. Per questo e perché, ovviamente, ho ancora bisogno di uno stipendio (che comunque è sempre arrivato puntuale!).
Concluderei con un po' di solidarietà per i colleghi che invece lavorano in attività Outbound (chiamano loro i clienti), perché purtroppo basterebbe un semplice ed educato “Non mi interessa, non chiamate più, grazie” da parte dei clienti per evitare di essere ricontattati. Ma il “cliente medio” preferirà sempre e comunque insultare gratuitamente ed etichettarci come “rompicoglioni telefonici” piuttosto che accendere il cervello che, in teoria, dovrebbe anche lui/lei possedere.

Nessun commento:

Posta un commento