I miei Disegni

Cerca nel blog

mercoledì 2 gennaio 2013

Incontro con il Centauro

[La favola che state per leggere è totalmente di mia invenzione (compreso il disegno che è stato fatto a mano libera sempre da me) ed è stata creata in occasione di un concorso su un forum, pertanto vi chiedo di non copiarla e utilizzarla. Grazie!]

*Era Dicembre inoltrato e in giro per il castello non si sentiva il solito vociare e chiacchiericcio degli studenti, poiché quasi tutti erano tornati a casa per le vacanze natalizie; poteva capitare di incontrare qualche professore o Responsabile di Casata, ma i corridoi erano per la maggior parte del tempo vuoti e avvolti da un surreale silenzio.
Le giornate trascorrevano lentamente e le notti ancora di più. Selene, da un po' di tempo a questa parte, aveva preso l'abitudine di passare le sue notti insonni seduta davanti all'ampia finestra del dormitorio dei Responsabili Corvonero a osservare il mondo che si trovava al di là del vetro; era uno dei pochi momenti tutto suo, in cui non esisteva nient'altro oltre a lei, i suoi pensieri e la notte. In quei momenti, le preoccupazioni e le responsabilità sparivano come d'incanto; nulla la poteva disturbare e, anche se probabilmente si trattava solo di un'effimera illusione, si sentiva libera.



Quella notte, però, era diversa dalle altre: la giovane era più irrequieta del solito e non riusciva a riflettere; troppi pensieri affollavano la sua mente e distorcevano la realtà. Doveva trovare una soluzione immediata a questo suo stato di confusione mentale, anche perchè iniziava a mancarle l'aria e la stanza sembrava diventare sempre più buia e piccola; era come se fosse imprigionata in qualche luogo oscuro di cui non conosceva l'uscita. Aveva bisogno di respirare.
Quasi inconsciamente, la ragazza indossò gli stivali e lo spesso mantello invernale e uscì dalla torre. Iniziò a camminare nei bui corridoi della scuola, affrettando il passo sempre di più, fino a correre. Non sapeva dove stava andando, ma doveva scappare prima possibile da quella situazione; doveva trovare un'uscita e respirare. Così, si diresse verso l'enorme porta di ingresso del castello.
Corse a perdifiato fino a quando non si trovò il portone davanti. Si fermò, fece un respiro e cercò di farsi passare il fiatone. Poi mise la mano sul grosso pomello e uscì finalmente all'aperto.



Era fuori. Poteva respirare. 
Era ancora molto agitata, quindi, decise di focalizzare la sua attenzione sul paesaggio innevato che aveva intorno a sé. Rispetto ai giorni precedenti, la morsa del gelo aveva allentato un po' la presa, lasciando spazio a una temperatura meno rigida, che aveva permesso a piccoli e deboli fiocchi di neve di iniziare ad adagiarsi su ogni cosa, rendendo tutto così candido e delicato. Il silenzio era totale, interrotto solamente dal quasi impercettibile posarsi dei fiocchi su prati e alberi. La luna era nascosta dietro alle nubi grigie cariche di neve e una leggera foschia aleggiava un po' ovunque. Era una notte molto serena.
Finalmente Selene si era tranquillizzata e aveva ripreso il controllo di se stessa; in realtà, si sentiva anche parecchio stupida per l'agitazione immotivata, la corsa e tutto il resto.
Stava per rientrare a castello, quando all'improvviso sentì un suono che la fece sobbalzare. In lontananza, qualcuno (o qualcosa) aveva emesso un suono che era un misto tra un urlo e un latrato. Non si capiva bene che tipo di verso fosse e da chi potesse essere stato emesso, ma una cosa era certa: era intriso di dolore.
Qualsiasi persona con un minimo di criterio, avrebbe soffocato la propria curiosità e sarebbe tornata al sicuro tra le mura del castello il prima possibile, ma la fanciulla non riusciva a smettere di chiedersi chi avesse emesso quel suono e perché. 
Così, incautamente, iniziò a camminare nella neve e, un passo dopo l'altro, ad avvicinarsi alla zona da cui proveniva quel suono così strano e misterioso, che si ripeteva a intervalli irregolari. Quasi senza accorgersene, giunse al limitare della Foresta Proibita e solo allora si fermò.
Nevicava più forte e i candidi fiocchi le bagnavano il viso e le impregnavano le spesse vesti; un leggero vento smuoveva le fronde degli alberi e la foresta sembrava più minacciosa del solito.
Lo strano verso non si ripeteva da un po' e, forse, era davvero arrivato il momento di tornare al castello e mettere a tacere la propria insana curiosità. La ragazza si stava già girando per tornare indietro quando lo sentì di nuovo. Questa volta, quell'urlo era davvero vicino.
Selene, ignorando il suo buonsenso che le diceva a gran voce di tornare indietro, decise dunque di addentrarsi nella Foresta Proibita.



Dopo aver camminato per un breve tratto nell'oscura foresta, la ragazza iniziò a pensare di essere stata una stupida a farsi guidare dalla sua curiosità. E' vero che era un'adulta e una Responsabile di Casata, ma era ugualmente pericoloso girare per la foresta da soli, per di più di notte e con quel tempo. Ma, ormai, si trovava lì e voleva sapere chi si stesse lamentando a quel modo, esprimendo una tale sofferenza.
Si guardò intorno ma non si vedeva molto e poteva fare affidamento sulla sola fievole luce generata dalla sua bacchetta. Eppure, non doveva essere lontano il responsabile...*

Arghhh...

*Selene sussultò dallo spavento e andò a sbattere con il duro tronco di un albero. La creatura che aveva emesso quel verso era vicinissima. La ragazza si guardò nuovamente intorno e, sbirciando da dietro il tronco d'albero su cui aveva sbattuto, lo vide. Poco più avanti, in una piccola radura ricoperta dalla neve, vi era una creatura maestosa che si lamentava e urlava dal dolore.
Cosa avrebbe dovuto fare? Scappare, andare a cercare qualcuno a cui chiedere aiuto, avvicinarsi?
Spinta dall'istinto che aveva continuato a dominarla fino a quel momento, si avvicinò.



Era la creatura più bella, maestosa e possente che avesse mai visto. Il corpo era quello di un equino e il busto quello di un uomo; doveva essere uno del leggendari centauri che popolavano la Foresta Proibita e... sembrava ferito. Selene si avvicinò con cautela, ma appena la creatura la vide, cercò di alzarsi invano per allontanarsi, emettendo un prolungato urlo di dolore.*

Scusami, non volevo spaventarti. Sei ferito? Posso fare qualcosa per aiutarti?

*Chiese Selene alla creatura, sinceramente preoccupata delle sue condizioni.*

VATTENE!

*Grugnì il mezzo-uomo, cercando di trattenere una nuova smorfia di dolore che gli rigò il viso.*

Ma tu sei ferito! Vorrei aiutarti in qualche modo!

*Rispose la ragazza cercando di convincere la creatura a darle ascolto. Forse esisteva una cura, un incantesimo o qualcosa in grado di aiutarlo o anche solo di alleviare il suo dolore.*

Non puoi fare nulla per me. Il mio destino è segnato, ormai.
Puoi solo andartene e lasciarmi morire in pace.

*Rispose lui parlando lentamente; si vedeva che gli mancavano le forze persino per parlare.*

Magari esiste un incantesimo o qualcosa che può esserti utile...

*Provò ancora Selene.*

Un incantesimo? Hai studiato a Hogwarts, vero?
Ma nessuna delle tue magie può essermi d'aiuto. La lancia che mi trafigge è stata stregata con una potente magia arcaica e...

*Dovette interrompere quello che stava dicendo, per emettere un nuovo urlo di dolore.*

...la punta di questa lancia è stata avvelenata e il veleno sta consumando lentamente il mio corpo dall'interno. Quindi, non darti pena per me; il mio destino è segnato e non mi resta che attendere la morte con dignità.

*Continuò il centauro, emettendo un altro urlo di dolore, ma cercando di mantenere il maggior autocontrollo possibile. 
Nonostante il viso contorto dal dolore e il corpo possente trafitto e sfigurato dalla lancia, Selene pensò che era davvero bellissimo e, nonostante tutto, sembrava sereno all'idea della sua morte: accettava il suo destino con grade fierezza e dignità..*

Perchè mi guardi in quel modo? 
Se proprio vuoi renderti utile, potresti raccogliere qualcuna di quelle foglie laggiù; hanno potere curativo e potrebbero alleviare almeno un po' il mio dolore.

*Disse ancora il centauro e Selene fece subito come le era stato detto. Porse le foglie alla creatura, che le applicò sulla ferita e sembrò subito stare meglio, poiché l'espressione del suo viso parve più rilassata.*

Ora puoi andare e io posso morire in pace senza soffrire troppo.

*Concluse cercando di mandare via la giovane, che continuava a fissarlo. Selene stava cercando di capire cosa stesse provando in quel momento; non provava pena per lui, ma provava... invidia.*

Sai... Credo di invidiarti...

*Iniziò la ragazza.*

Invidiarmi? Cosa stai farneticando? Per quale motivo dovresti provare invidia nei miei confronti?

*Rispose lui allibito.*

Ti sembrerà stupido, ma tu te ne stai per andare e, finalmente, potrai dire addio a questo mondo così ingiusto, a questo mondo che ti ha inferto quella venefica ferita, che non ti ha lasciato la possibilità di vivere la tua vita fino alla fine, alle preoccupazioni, alle responsabilità...

*Iniziò a spiegare la ragazza con un velo di tristezza nella voce. Il centauro la guardava incuriosito.*

Si lo so, sto dicendo delle cose assurde e senza alcun senso; molti mi dicono che sono pazza e, forse, è davvero così. Ma io continuo a chiedermi che senso abbia questa effimera esistenza se alla fine dobbiamo soffrire, disperare e morire. Che senso ha tutto questo? Ci penso da quando sono una bambina e, anche ora che sono adulta, non sono ancora riuscita a trovare delle risposte. Io vorrei capire quale sia lo scopo della mia vita e compiere il mio destino. Ma poi chissà qual è il mio destino... Come faccio a saperlo? Magari non sono destinata a nulla per cui valga davvero la pena vivere! 
Quindi, ti invidio, perché tu oggi te ne andrai e non dovrai più farti domande. Mai più. Sarai finalmente LIBERO.

*La creatura pareva attenta alle parole della ragazza e aspettò che terminasse di parlare, prima di pronunciarsi.*

Secondo me, non sei pazza.

*Affermò con tono deciso.*

Ad ogni modo, io mi chiamo Agape, come il sentimento che ti anima quando ti fai tutte quelle domande sulla vita, sul destino e su te stessa.

*Continuò, presentandosi alla giovane.*

Agape? Scusami, ma non l'ho mai sentito. Di che sentimento si tratta?

*Chiese ingenuamente la ragazza, che si rendeva conto di conoscere solo un milionesimo delle cose esistenti al mondo.*

Agape... Agape è l'amore che divora. L'amore incondizionato, l'amore totale. 
Chi conosce e prova Agape, vede che nient’altro a questo mondo ha più importanza, soltanto amare. Questo fu l’amore che Gesù provò per l’umanità e fu talmente grande che scosse le stelle e cambiò il corso della storia dell’uomo.
Per me e per te, che proviamo un’altra forma di Agape, questa vita potrebbe sembrare dura, terribile. Eppure, l’Amore che Divora fa sì che tutto perda importanza.
È un sentimento che pervade tutto, che colma tutte le fessure e trasforma in polvere qualsiasi tentativo di aggressione.
Esistono due forme di Agape. Una è l’isolamento, la vita dedicata unicamente alla contemplazione. L’altra è l’esatto contrario: il contatto con gli altri esseri umani e l’entusiasmo.
Quando amiamo e dal profondo della nostra anima crediamo in qualcosa, ci sembra di essere più forti del mondo e ci sentiamo pervasi da una serenità che proviene dalla certezza che niente potrà vincere la nostra fede. Questa strana forza ci permette di prendere sempre le decisioni giuste, nel momento giusto, e noi stessi ci sorprendiamo delle nostre capacità quando raggiungiamo il nostro obiettivo.
L’Entusiasmo si manifesta normalmente con tutto il suo potere nei primi anni della nostra vita.
Che in nessun momento, per il resto dell’anno, e per il resto della tua vita, tu perda l’entusiasmo: esso è una forza più grande, volta alla vittoria finale. Non si può permettere che ci sfugga dalle mani solo perché dobbiamo fare fronte, nel corso dei mesi, a piccole e necessarie sconfitte.***

*Spiegò Agape alla ragazza, che lo ascoltava rapita e, allo stesso tempo, dubbiosa.*

Ma... io non sono sicura di avere qualcosa a che fare con questa forza che descrivi.
Io mi sento così impotente e frustrata nei confronti di questo mondo così ingiusto e terribile. A volte mi sembra sia così difficile vivere e mi sento così sola e incompresa che, in realtà, vorrei solo morire...

*Ribattè la ragazza visibilmente turbata.*

E' qui che sbagli mia cara ragazza. Agape ti anima proprio quando tu ti fai delle domande sul mondo e su te stessa. Sei affamata di risposte, sei affamata di conoscenze e sei affamata... di vita.
Il fatto che tu ti senta frustrata e impotente è solo perché non trovi il coraggio di seguire il tuo istinto, il tuo entusiasmo. 
Per esempio, dimmi: questa sera perché sei venuta qui?

*Chiese Agape.*

Non lo so, sono uscita e mi sono lasciata guidare dal mio istinto e sono arrivata fino da te...

*Rispose Selene un po' imbarazzata, perché era andata proprio in quel modo assurdo. Non aveva minimamente pensato a eventuali conseguenze del suo gesto, si era semplicemente fatta guidare dall'istinto.*

Ecco cosa ti dicevo. Devi fidarti del tuo istinto, del tuo entusiasmo e del tuo amore incondizionato per la vita.

*Disse ancora il centauro.*

Ma io non so come devo fare! Può darsi che sia come dici tu, ma io mi sento incapace di amare... 
La mia anima è come se fosse congelata e non so come risvegliarla dal suo sonno di ghiaccio. 
E se non dovessi mai più provare Agape dentro di me e fossi destinata a una vita di solitudine e profonda tristezza? Varrebbe ancora la pena vivere per condurre un'esistenza così meschina?

*Mentre diceva queste cose ad Agape a tono sostenuto, Selene sentì che la voce gli si spezzava e che qualche singhiozzo stava iniziando a troncarle il respiro. Prima di rendersene conto, calde lacrime iniziarono a solcarle il viso e iniziò a piangere copiosamente, di un pianto liberatorio, forse infantile, ma che non riusciva a trattenere. E pensare che non piangeva mai davanti a nessuno; non le piaceva farsi vedere così indifesa e vulnerabile. Le piaceva sembrare forte, anche quando forte non era. Mise il viso tra le mani cercando di nascondersi, ma era inutile; era come se un fiume in piena stesse sgorgando dai suoi occhi, e non avrebbe smesso fino a quando anche l'ultima lacrima non fosse scesa.*

Vieni più vicino.

*Il centauro aveva interrotto il silenzio e le stava chiedendo di avvicinarsi. Ma lei non poteva; già si vergognava per essersi messa a piangere davanti a lui, non sarebbe uscita ancora di più allo scoperto avvicinandosi. Ma si avvicinò.*

Non mi hai detto il tuo nome.

*Disse ancora lui con voce calma.*

Selene.

*Rispose la ragazza.*

Un bellissimo nome; deriva dal greco “Σελήνη” e significa “Luna”. 
Allora, Selene... sai dirmi perché stai piangendo?

*Chiese quasi con dolcezza il centauro, ma la ragazza non ebbe la forza di rispondere, impegnata com'era a cercare di smettere di singhiozzare e a ricacciare le lacrime indietro.*

Te lo dirò io. Perché dentro di te arde ancora la fiamma di Agape, l'Amore che divora. Tu sei innamorata della vita più di quanto immagini e l'idea di perdere la capacità di amare ti spaventa a morte. Allo stesso tempo, per paura di perdere questa capacità, la tieni custodita gelosamente dentro di te e non la fai uscire. Ma ricorda che: non è amando di meno che soffrirai di meno.
Soffrirai ancora e molto anche, ma è questo che ti rende viva e autentica. E' questo quello per cui vale la pena lottare. Tu devi vivere e amare, più di quanto tu abbia mai fatto prima d'ora.
Non farti sconfiggere dal mondo. Tu sei più forte, la tua anima è più forte e decisamente più bella di qualsiasi bruttura o ingiustizia che può esistere su questa terra.
Se vivrai in funziona di Agape, troverai la tua strada e il tuo destino si compirà. Non devi avere paura di amare e non devi avere paura di vivere!

*La voce del centauro era veramente suadente e credeva davvero in quello che stava dicendo. La ragazza aveva smesso di singhiozzare, anche se qualche lacrima le stava ancora rigando il viso. Agape alzò una delle sue possenti braccia e l'avvicinò al viso della fanciulla, per asciugare le ultime  gocce umide.
Dopo un lungo momento di silenzio, Selene parlò.*

Mettiamo caso che tutto quello che mi stai dicendo sia vero, ma non capisco una cosa...
Tu sei un'anima bellissima e illuminata, non vedo Agape o giustizia nella tua morte.

*Constatò tristemente la ragazza.*

Giusta osservazione ma, anche questa volta, errata.
L'uomo tenta sempre di nascondere a se stesso la grande certezza della morte. Non si accorge che è proprio la Morte che lo spinge a compiere le cose migliori della vita. La Morte è la nostra grande compagna, perché dà il significato autentico alle nostre vite. Tutti hanno dei pregiudizi nei confronti della Morte, senza capire che essa è soltanto un'ulteriore manifestazione di Agape.***
Io ho vissuto la mia vita, nel migliore dei modi possibili e, persino nel giorno della mia morte, ho potuto tramandare parte dei miei insegnamenti a qualcuno che sono sicuro ne farà tesoro. Sono pronto per la morte, ora ancora più di prima. La Morte sarà la mia ultima grande avventura e sono grato al destino che ti abbia mandata qui per attendere insieme a me il mio grande momento.
Non sento nemmeno più molto dolore. Anzi, un leggero formicolio attraversa tutti i miei arti.
Sento che la mia ora è ormai vicina, com'è vicina l'alba di un nuovo giorno.

*Le parole del centauro stavano iniziando ad avere una cadenza più lenta, ma lui sembrava sereno e pronto. Selene lo guardava con gli occhi ancora arrossati dalle lacrime e dal freddo, inginocchiata vicino a lui.*

Vorrei dirti un'ultima cosa prima di andare...
Vorrei che questi miei insegnamenti non siano vani; fanne tesoro e vivi la tua vita in funzione di Agape. Sei un'anima luminosa, non far mai spegnere la tua fiamma da nessuno.
Brilla come non hai mai brillato e compi il tuo destino.
Ci rivedremo un giorno nel luogo in cui non esistono tempo o spazio, ma solo Agape, l'Amore assoluto, l'Amore che divora.

*Concluse Agape accennando un lieve sorriso. Selene in quell'istante seguì il suo istinto, si sporse verso il viso del centauro e sfiorò le sue labbra con le proprie per un solo e breve attimo.
Fu il bacio più semplice e puro che la ragazza avesse mai dato in tutta la sua vita e non vi era nessuna malizia in questo piccolo gesto. Era una manifestazione di Agape allo stato puro.*

Grazie...

*Sussurrò ancora la ragazza. Agape sorrise e i suoi occhi brillarono per un istante di una luce bellissima. Poi si spensero e le palpebre si chiusero. Pareva dormisse, di un sonno sereno, pieno di pace. Selene questa volta non pianse, ma sorrise, perché sapeva che ora Agape stava vivendo la sua ultima e più meravigliosa avventura e che la sua vita non era stata vana.
La neve aveva smesso di cadere e la luna piena ora splendeva libera nel cielo blu di quella notte così assurda, ma, allo stesso tempo, così speciale.
In una sola notte Selene aveva imparato più di quanto avesse imparato in tutta la sua vita e ora vedeva tutto con occhi diversi. Forse, era lei stessa ad essere diversa, perché dentro di lei ora ardeva il fuoco della Vita e dell'Amore, più forte e vivace che mai. Agape l'avrebbe aiutata a prendere le decisioni giuste e, finalmente, sarebbe riuscita a compiere il suo destino, percorrendo la strada che l'avrebbe portata alla felicità e alla libertà. 
Alzò gli occhi al cielo per osservare e assaporare ancora una volta il gusto di quella notte e vide le stelle tornare a splendere ora che le nubi si erano diradate; proprio sopra di lei, splendeva più che mai un gruppo di stelle che non avrebbe mai più scordato: la costellazione del Centauro.



Ringraziò ancora una volta mentalmente, ripensando a come le conseguenze di una semplice scelta abbiano il potere di cambiare tutta la visione della nostra vita, e poi si incamminò in direzione del castello.
I primi deboli raggi di sole invernale avrebbero fatto capolino a breve e un nuovo giorno avrebbe meritato di essere vissuto, come se fosse il più meraviglioso, come se fosse l'ultimo, seguendo con coraggio gli insegnamenti di Agape.*

***Nota. Le frasi sottolineate sono citazioni prese dal libro “Il Cammino di Santiago” di Paulo Coelho.

Nessun commento:

Posta un commento